Governare le migrazioni by Stefano Allievi

Governare le migrazioni by Stefano Allievi

autore:Stefano Allievi [Allievi, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggi Tascabili Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-01-15T00:00:00+00:00


La questione della cittadinanza

L’acquisizione della cittadinanza è parte del processo di integrazione, e per molti il suo punto d’arrivo simbolico. Hannah Arendt l’ha definita “il diritto di avere diritti”, e l’espressione coglie il punto fondamentale – chi ce l’ha, ha qualcosa in più, di sostanziale, che ne determina lo status e ne decide in certa misura i percorsi e i loro esiti. Non è il luogo di nascita solamente, dunque, a decidere il destino delle persone: è anche il loro status di cittadini e cittadine, che ne influenza in maniera significativa il valore, la potenzialità, i percorsi, la possibilità di far valere concretamente dei diritti, o al contrario vederseli limitati, negati, conculcati. E questo è particolarmente visibile nei casi in cui il luogo di nascita non coincide con quello di residenza, o al contrario coincide, ma tuttavia manca, appunto, il requisito della cittadinanza. È il caso dei figli degli immigrati, da cui vale la pena cominciare la nostra riflessione.

L’abbiamo detto: sono in gran parte nati qui, socializzati qui. Se non li vedessimo, e li sentissimo solo parlare, nemmeno ci accorgeremmo che i loro genitori vengono da altrove; molti anche se li vedessimo, visto che sono ‘bianchi’ (caucasici, se si preferisce) come ‘noi’. Peraltro anche la percezione di alterità legata al colore della pelle e l’identificazione del ‘noi’ con uno solo di essi, è figlia di un’abitudine culturale, che col tempo a poco a poco supereremo, perché soggetta a sempre più frequenti smentite: come sperimentano – letteralmente sulla loro pelle – i bambini e le bambine adottati, e oggi, sempre più spesso, per l’appunto i figli di immigrati, che poi in parte sono figli di coppie miste. In sostanza, sono come gli altri ragazzi. In sostanza ma non nella forma – che, tuttavia, determina il contenuto. Stando infatti alla nostra legge (che è diventata una delle più restrittive d’Europa) un figlio di immigrati, seppure nato in Italia, non può chiedere la cittadinanza che al compimento del diciottesimo anno di età. Per la precisione, e per incomprensibili motivi, che non siano di mera cattiveria burocratica, solo nella finestra tra il compimento del diciottesimo e del diciannovesimo anno: tanto che se non si è lesti a decidere, o per qualche motivo non si presentano in tempo i documenti (tra acquisizione nel paese di origine, traduzione in italiano e legalizzazione delle nostre autorità consolari, non è strano che passino mesi), si perde il diritto a richiederla. Lo stato poi si prende tre anni di tempo, che spesso sono molti di più (e il non ancora cittadino non può far nulla per pretendere il rispetto del suo diritto), per rispondere. E se non sussistono tutti i requisiti, documentali, reddituali e di conoscenza della lingua – alcuni francamente assurdi, come la permanenza sul territorio in continuità per tutto il tempo (neanche la possibilità di essere portati per un mese da poppanti a trovare i nonni all’estero) – il diritto può essere negato. In sostanza, si rischia abbastanza frequentemente di non avere una risposta positiva prima di aver compiuto i ventidue, ventitré anni e anche più – sempre che non ci siano ostacoli.



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